LA PIRAMIDE ROVESCIATA
Una lezione-teatro sul dramma della Shoah. Lo spettacolo, scritto e diretto da Elena Redaelli, racconta l’esperienza di Roberto Camerani, nato a Triuggio, deportato nei campi di Mauthausen ed Ebensee per aver aderito alla Resistenza. L’appuntamento è giovedì 9 febbraio al Cineteatro Edelweiss di Besana: una matinée per gli alunni della scuola secondaria e una replica alle 21. 00 per tutti
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Una lezione-teatro sul dramma della Shoah. Lo spettacolo, scritto e diretto da Elena Redaelli, racconta l’esperienza di Roberto Camerani, nato a Triuggio, deportato nei campi di Mauthausen ed Ebensee per aver aderito alla Resistenza. L’appuntamento è giovedì 9 febbraio al Cineteatro Edelweiss di Besana: una matinée per gli alunni della scuola secondaria e una replica alle 21. 00 per tutti.
Elena Redaelli ha incontrato Roberto Camerani quando era una ragazzina, partecipando a uno dei viaggi per i giovani che Roberto organizzava ogni anno nei campi di concentramento dove era stato prigioniero: per trasmettere la memoria dell’orrore, ma anche per seminare un messaggio di autentica fratellanza, di compassione, di pace. A chi gli chiedeva quali fossero i suoi sentimenti nei riguardi dei tedeschi che erano stati i suoi aguzzini, Roberto diceva: “Se io rispondessi con l’odio o la vendetta, farei un grande errore. Vendetta e odio sono anelli della stessa catena. Solo se avremo il coraggio di essere superiori a noi stessi, di andare oltre noi stessi, di rompere quella catena, beh, solo allora potremo sperare in un mondo migliore”.
Nessuno può tenere prigioniero il cuore degli uomini buoni. Dieci anni dopo la morte di Camerani (1925 – 2005), il seme gettato dalle sue parole è diventato uno spettacolo intenso, che racconta prima la violenza ideologica e materiale della dittatura (“Mi avevano succhiato il cervello”), poi il buco nero della Shoah attraverso la vita del protagonista (interpretato da Fabrizio Rizzolo): dall’iniziale adesione al fascismo, alla ribellione e all’esperienza del lager. Accanto ai compagni di prigionia, in scena si muovono due figure femminili, Memoria e Libertà: personaggi simbolici, che rappresentano da un lato il desiderio dell’uomo di appartenere, di sentirsi parte della propria cultura e della propria storia, dall’altro la necessità di essere se stessi e realizzarsi pienamente nella propria specifica identità.
Nella messa in scena, alle parole degli attori si intrecciano la musica, la danza e immagini di repertorio; il titolo “La piramide rovesciata” traduce con una immagine efficace l’insegnamento raccolto da Elena Redaelli (autrice, regista e attrice) nell’incontro che la colpì da giovanissima: la possibilità di rovesciare, nella quotidianità privata come nella vita pubblica, un sistema culturale basato sulla competizione e sul potere, per costruire una società diversa, in cui ogni uomo si senta realmente legato agli altri esseri umani e agisca sapendo che il bene e il male fatti agli altri sono bene e male fatti a se stessi.